Iodio radioattivo: un uso eccessivo non è privo di complicanze

Iodio radioattivo: un uso eccessivo non è privo di complicanze

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“Basso ma reale” il rischio di sindromi mielodisplastiche causate dal trattamento del cancro tiroideo con iodio radioattivo.
Non tutti i pazienti operati per cancro tiroideo hanno bisogno di un trattamento con iodio radioattivo. Contrariamente al passato, oggi, lo iodio radioattivo si utilizza solo nei casi più gravi.
Lo iodio radioattivo si utilizza per distruggere ogni cellula tiroidea residua dopo l’intervento di asportazione della tiroide; da un lato si è visto che lo iodio radioattivo non dà alcun beneficio nelle forme di carcinoma a più basso rischio di recidive, dall’altro, alcuni dati dimostrano che un suo uso eccessivo non è privo di complicanze.
E’ stato infatti presentato al Congresso Annuale dell’American Society of Hematology – ASH 2015 – uno studio che ha valutato il rischio di sindromi mielodisplastiche, che sono malattie ematologiche originanti dal midollo osseo, in pazienti trattati con iodio radioattivo per un carcinoma differenziato della tiroide.
Lo studio ha utilizzato un nuovo metodo per estrarre i dati dall’archivio dei dati SEER – un registro pubblico statunitense dei pazienti con cancro- identificando oltre 132.000 pazienti trattati per carcinoma tiroideo dal 1973 al 2011. Fra questi, il 53% ha subito solo l’intervento chirurgico, mentre il 45%, dopo la chirurgia ha subito il trattamento con radioiodio. Il restante 2% è stato trattato con radioterapia esterna seguita da terapia con radioiodio.
Rispetto ai trattati con la sola chirurgia, i pazienti trattati con radioiodio, con o senza terapia radiante esterna, hanno avuto un rischio aumentato di sviluppare sindromi mielodisplastiche, in modo statisticamente significativo, nei primi due anni dopo l’esposizione.
Esiste, pertanto, un rischio basso – ma concreto – di sviluppare una sindrome mielodisplastica dopo l’esposizione alla terapia con radioiodio per il trattamento del carcinoma differenziato della tiroide. La ragione non è chiara, ma il dato merita un’aperta discussione con i pazienti su questo trattamento, affinché siano consapevoli di questo e di altri potenziali rischi del trattamento con radioiodio, che quindi deve essere riservato ai soli pazienti che ne abbiano reale necessità.
Per approfondire (in lingua inglese)
Lo studio citato http://www.bloodjournal.org/content/126/23/612
Ascolta l’intervista con uno degli autori dello studio, Dr Mukherjee https://www.youtube.com/watch?v=l2eBTyK01Us